UNA FAMIGLIA DI AGRICOLTORI DAL 1700

Giacomo Santoleri nasce in una famiglia che dal 1700 si è dedicata all’agricoltura.

La sua avventura agricola inizia, ancora giovanissimo, negli anni ‘70 quando, a seguito della prematura scomparsa del padre Giovanni, si dedica all’azienda di famiglia insieme alla sorella Ena e al fratello Nicola, producendo cereali e vino.  Negli anni ‘80 interviene una ristrutturazione delle proprietà aziendali e Giacomo, ormai laureato in Ingegneria Elettronica, lascia l’attività professionale e decide di dedicarsi esclusivamente ai suoi terreni.

Inizia col rimboschimento di 40 ettari di terreno e con la produzione di olio dagli ulivi esistenti, la cui coltivazione amplierà in seguito.

L’obiettivo era produrre un olio di altissima qualità, destinato a quelle botteghe ed enoteche a cui prima vendeva il vino prodotto dall’azienda di famiglia.

Un giorno Giacomo, mentre stava consegnando delle bottiglie d’olio ordinategli dallo storico emporio e drogheria “Fratelli Innocenzi” a Trastevere fu attratto dalla loro vetrina, nella quale erano state esposte una spiga di farro e la foto del reperto archeologico di una
biga romana, accompagnata da questa frase: “Chi mangia il farro non nutre il medico”.

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Questo detto di saggezza popolare colpì particolarmente Giacomo, che all’epoca conosceva poco o nulla di questo cereale. Iniziò a studiarlo con interesse, scoprendo le sue innumerevoli proprietà, non solo culinarie, ma soprattutto nutrizionali.

Individuò una popolazione di farro selvatico ed autoctono, rimasto invariato nel tempo, del tipo Triticum Dicoccum, ancora coltivato per l’alimentazione del bestiame nella zona di Juvanum, una delle capitali dell’insediamento Italico dei Carrecini, al quale appartenevano anticamente anche le Piane di Caprafico. Questa scoperta rafforzò la sua scelta di convertire gran parte dei terreni alla coltivazione di quel farro. Coniugare l’olio extravergine d’oliva col farro rappresentava un traguardo nell’ambito della ricerca di produzioni aziendali caratteristiche della dieta mediterranea. Nella stessa direzione si inscrisse successivamente la decisione di coltivare anche varietà antiche di orzo mondo e legumi tipici dell’Italia Centrale.

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